Cesare Terranova

Sono le 8.30 del 25 settembre. Il maresciallo di Pubblica Sicurezza Lenin Mancuso, fidato agente di scorta e collaboratore di Terranova aspetta il giudice a bordo di una Fiat 131 per condurlo in Tribunale…

Di lui scrisse il Presidente della Repubblica Sandro Pertini:

Cesare Terranova fu uomo di alto sentire e di grande cultura: amava profondamente la sua Sicilia e viveva con angoscia la fase di trapasso che l’isola attraversava, dall’economia del feudo e rurale all’economia industriale e collegata con le grandi correnti di traffico europeo e mediterraneo. Ma egli era anche animato, oltre che da un virile coraggio, anche da infinita speranza, che scaturiva dalla sua profonda bontà d’animo: speranza nel futuro dell’Italia e della Sicilia migliori, per le quali il sacrificio della sua vita, fervida, integra ed operosa non è stato vano. Ancora una volta così la violenza omicida della delinquenza organizzata ha colpito uno degli uomini migliori, uno dei figli più degni della terra di Sicilia”.

Cesare era nato il giorno di ferragosto del 1921 a Petralia Soprana, in provincia di Palermo. La passione per la giurisprudenza, il diritto erano un vizio di famiglia, che gli era stato trasmesso direttamente da suo padre Vincenzo. Un percorso solo temporaneamente interrotto dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, che lo vede impegnato in prima persona tra il novembre del 1942 e il luglio dell’anno successivo. Un’esperienza dura e difficile, per la quale riceverà nel 1952 anche la Croce al merito di guerra e durante la quale farà l’esperienza della prigionia e della detenzione nei campi di concentramento dell’Africa settentrionale, da dove verrà rimpatriato soltanto nell’ottobre del ’45.

Nel 1958 si trasferì dal Tribunale di Patti a quello di Palermo, sono anni di lavoro intenso e difficile, che espongono Terranova al risentimento e all’odio di Cosa nostra e, in particolare, dei corleonesi. Inoltre, intuisce che quel mondo criminale e mafioso sta facendo un vero e proprio salto di qualità, puntando a trasformarsi da mafia agricola a mafia imprenditrice. A Palermo avviò i primi grandi processi di mafia contro Luciano Leggio e gli altri boss mafiosi di Corleone.

Si occupò delle prime indagini contro la mafia, durante gli anni di ascesa del clan dei corleonesi Luciano Liggio e Totò Riina e della prima guerra di mafia, culminata con la strage di Ciaculli del 30 giugno 1963.

Come giudice istruttore Cesare Terranova emanò le sentenze con cui furono rinviati a giudizio i responsabili di due distinti filoni di inchieste: quello nei confronti di Liggio, Riina e gli altri imputati dell’omicidio del capo mafia di Corleone Michele Navarra il 2 agosto 1958 e, successivamente, degli uomini della cosca navarriana; e quello della prima guerra di mafia di Palermo, per i fatti accaduti tra il 1959 e il 1963, fino alla strage di Ciaculli.

Entrambi i processi non si svolsero a Palermo, per legittima suspicione, e i loro esiti furono deludenti per gli inquirenti. A quei tempi nei confronti della mafia i giudici potevano applicare solo l’articolo 416 del Codice penale, che prevede il reato di associazione a delinquere. Solo dopo la morte del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa nel 1982, lo sdegno manifestato dall’opinione pubblica portò nel giro di venti giorni all’approvazione della legge 646/1982 (Rognoni-La Torre) che instituì l’art. 416 bis con cui è definita l’associazione di stampo mafiosa.

 In più lavora per istruire il “Processo dei 117”, che approfondisce i fatti legati alla guerra di mafia combattuta tra il ’62 e il ’63; e poi quello contro i corleonesi per i tremendi fatti di sangue registrati tra il ’58 e il ’63. 

É stato inviato a occuparsi di un caso di cronaca nera, la vicenda del cosiddetto Mostro di Marsala.Il 22 ottobre del 1971 tre bambine spariscono a Marsala. 

Eletto come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano alla Camera dei Deputati nel 1972, vi restò fino al 1979; membro della Commissione Parlamentare Antimafia della VI legislatura, firmò insieme a Pio La Torre la relazione critica di minoranza in cui venivano evidenziati i rapporti tra mafia, politica e imprenditoria, in particolare con esponenti di spicco della Democrazia Cristiana, come Giovanni Gioia, Vito Ciancimino e Salvo Lima.

Dopo l’esperienza parlamentare, Terranova tornò in magistratura per essere nominato Consigliere presso la Corte di appello di Palermo.

Sono le 8.30 del 25 settembre. Il maresciallo di Pubblica Sicurezza Lenin Mancuso, fidato agente di scorta e collaboratore di Terranova aspetta il giudice a bordo di una Fiat 131 per condurlo in Tribunale. Terranova si mise alla guida e imbocca una strada secondaria tra via Rutelli e via De Amicis. Quando si accorge che la strada è bloccata da una transenna si rende conto che qualcosa non va, ma non ha il tempo di reagire. I killer circondano l’auto e sparano circa 30 colpi di un fucile Winchester e di pistola. La pioggia di piombo uccide sul colpo il giudice e ferisce gravemente il poliziotto, che morirà in ospedale dopo alcune ore di agonia. A Terranova viene riservato anche un colpo di grazia alla nuca, esploso da distanza ravvicinata.

La pista mafiosa è evidente e tutti i sospetti sembrano puntare su Luciano Leggio. Il primo processo viene istruito a Reggio Calabria nel 1982 e l’unico imputato è Leggio, come mandante dell’omicidio. Ma il procedimento si chiude con l’assoluzione.

Sul finire degli anni ’90, sono altri due collaboratori di giustizia a consentire ancora una volta la riapertura del processo. Il 17 marzo del 2000, la Corte d’Assise di Reggio Calabria condanna Leggio all’ergastolo come mandante dell’omicidio. 

A Cesare è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Civile.

Subito dopo il suo omicidio a Palermo, studiosi e magistrati hanno fondato il «Centro studi giuridici e sociali CESARE TERRANOVA», con l’obiettivo di promuovere l’approfondimento dei problemi connessi al fenomeno mafioso, per la ricerca dei mezzi più adatti a combatterlo.

Nel 1982 sotto il patrocinio dei comuni di Castellana Sicula, Petralia Soprana, Petralia Sottana, Polizzi e Scillato, con la prefazione di Leonardo Sciascia è pubblicato un volume dedicato alla sua memoria. 

LIBRI:

  • Camera dei Deputati, Archivio Storico
  • Lodato, Saverio. Quarant’anni di mafia, Milano, Bur, 2013