Marcella Di Levrano

La storia di una donna orribilmente massacrata da uomini che le erano anche stati vicino, incapaci di tollerare il suo coraggio, la forza e la determinazione di abbandonare un mondo che non era più il suo.

Marcella Di Levrano, seconda di tre sorelle, nasce a Mesagne il 18 aprile del 1964.
Nel 1968 sua mamma Marisa sceglie di abbandonare il marito violento e di trasferirsi con le sue tre bambine a Torchiarolo, facendo di tutto per regalargli un futuro sereno e felice. 

Alle scuole medie Marcella è la prima della classe, poi sceglie di frequentare l’istituto magistrale a Brindisi, proprio in quegli anni in cui la città diventa una piazza importante di spaccio di droga e criminalità organizzata.

 Marcella, una ragazza così solare e intelligente ma profondamente fragile, cresciuta senza suo papà, da quel momento non sarà più la stessa; quel sorriso diventa sempre più raro da vedere sul suo bel volto, diventa scontrosa anche in famiglia, fino a quando, al secondo anno, una sera non fa ritorno a casa. La ritroveranno due giorni dopo, drogata. Iniziano così degli anni travagliati: per procurarsi le sue dosi comincia a frequentare personaggi pericolosi e senza scrupoli, giovani e ambiziosi boss della Sacra Corona Unita, che muoveva i suoi primi sanguinosi passi. A nulla serve l’enorme sforzo di sua mamma e delle sue sorelle che con amore provano a strapparla da quel mondo. Senza un aiuto reale e concreto dei servizi sociali, Marcella alterna momenti di lucidità e di voglia di cambiamento a fughe e intossicazioni, ricoveri e dimissioni.

Occasione di Riscatto

Questo vortice si spezza dopo 4 anni, nel momento in cui Marcella scopre di essere incinta. È un momento di rinascita, ha capito che questa è per lei l’occasione del riscatto, il momento della sua rinascita. La gioia di diventare mamma la fa allontanare dal giro della droga e da tutte le sue vecchie frequentazioni. Trascorrono così dei mesi bellissimi per lei e per la sua famiglia, mesi di piccole gioie, di sorrisi e di serenità, in cui Marcella cerca di costruire una vita migliore e un futuro dignitoso per sé e per la bambina che porta in grembo.

Nasce Sara e per Marcella è una gioia immensa, ma un pensiero la turba: non vuole che la sua piccola cresca, come lei, senza un papà. Così lo va a cercare e, sentendosi ripetutamente rifiutata, ricade e viene risucchiata di nuovo da quel mondo che con fatica aveva abbandonato. Riprende così a drogarsi, diventa schiava di sé stessa e dell’eroina. La sua famiglia, che non sa più cosa fare, cambia più volte paese nella speranza di allontanarla da quel giro, ma senza risultati. Di lì a poco i servizi sociali le tolgono l’affidamento della sua piccola Sara. Marcella senza sua figlia si sente persa, sa che l’amore che la lega a lei è troppo forte e che non può vivere lontana da lei. Decide allora di riprendere in mano la sua vita, per poter salvare sé stessa e dare dignità a sua figlia. Dal giugno del 1987 inizia così a collaborare con le Forze dell’Ordine, denunciando tutto ciò che ha visto e che ha conosciuto, fa nomi e cognomi delle persone che giravano intorno allo spaccio e al traffico di droga. Sono nomi e volti legati alla Sacra Corona Unita. Marcella, con tutto quello che racconta, diventa una persona scomoda, che doveva essere la prima testimone nel maxi – processo che si sarebbe tenuto contro la Sacra Corona Unita, a novembre del 1990. Ma Marcella non arriverà mai in quell’aula del Tribunale di Lecce, è una testimone troppo scomoda perciò va fatta fuori subito. Scompare l’8 marzo del 1990. Il suo corpo sarà ritrovato solo il 5 aprile dello stesso anno, parzialmente occultato tra foglie e rami secchi, nel bosco dei Lucci, tra Brindisi e Mesagne. La troveranno con il volto sfigurato, irriconoscibile. Secondo il “codice d’onore” della Sacra Corona Unita quella è la morte destinata ai traditori.

Spero di sapere tutta la verità, anche se cinque pentiti hanno raccontato chi e perché mi ha strappato mia figlia. Per un processo è troppo tardi, ormai. Ma per la verità no. Serve a recuperare la nostra storia, a ritrovare i luoghi cari. Mi fa piacere quello che accade, le iniziative in sua memoria. Mi dà la speranza che si possa cambiare. Il senso di questa tragedia, se un senso può avere, è tutto qui.

Marisa Fiorani – mamma di Marcella

Vicenda giudiziaria

Il procedimento penale relativo all’omicidio di Marcella fu archiviato nell’aprile del 1992. Nel corso degli anni diverse sono state le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia sul suo omicidio, che hanno permesso agli organi inquirenti di individuare il movente. Tutti i collaboratori hanno dichiarato che Marcella fu uccisa per paura che testimoniasse in tribunale, avendo saputo che era stata ascoltata dalle forze dell’ordine sugli affari e i traffici della Sacra Corona Unita già nel 1987. Le sue dichiarazioni furono riportate nella sentenza del Maxiprocesso di Lecce, il processo che confermò l’esistenza della Sacra Corona Unita. Il procedimento penale era stato riaperto nel 2011, ma nel dicembre del 2019 il pm Alberto Santacatterina ha fatto richiesta di archiviazione che è stata accolta dal Gip di Lecce il 5 marzo 2020. L’unico esecutore individuato è morto nel 2000.

Conclusivamente si può affermare con certezza, sia per quanto dichiarato da numerosi collaboratori di giustizia, sia per quanto emerso nel corso dei due maxiprocessi leccesi, come la causa della morte di Marcella Di Levrano sia da individuarsi senza ombra di dubbio nella collaborazione da lei prestata sin dal lontano 1987 con la Squadra Mobile della Questura di Lecce. Va detto, per inciso, che tale collaborazione appare oggi ancora più meritoria per essere stata totalmente disinteressata nonché per essere avvenuta in un periodo nel quale nessun beneficio era previsto o anche lontanamente ipotizzabile. Che poi Marcella Di Levrano fosse “contigua” agli ambienti criminali mafiosi, lungi dallo sminuire il valore della sua collaborazione, rende ancora più encomiabile, anche a distanza di tanti anni, la decisione di allontanarsene rompendo la logica di omertà e di intimidazione che li caratterizzava.

Alberto Santacatterina – pubblico ministero nella richiesta di archiviazione

Memoria viva

Alla memoria di Marcella oggi sono intitolati tre presidi di Libera:


La “Cooperativa Sociale Terre di Puglia – Libera Terra” le ha dedicato un vino, le cui uve vengono coltivate su terreni confiscati a mafiosi appartenenti alla Sacra Corona Unita e un bene confiscato a Seriate (BG).

A luglio 2021 a Marcella è stato intitolato un bene confiscato che ospita richiedenti asilo, Villa marcella di Levrano.

Filmografia

Un nome, una storia – Mi chiamo Marcella Di Levrano.
A cura del Presidio di Libera Chieti “Attilio Romanò“.

Intervista a Marisa Fiorani, madre di Marcella Di Levrano.
a cura di vivi.libera.it