Stefano Li Sacchi

Stefano Li Sacchi

Stefano è portiere nel condominio di via Pipitone Federico, lo stesso in cui vive il giudice Rocco Chinnici. Anche il mattino del 29 luglio del 1983 Stefano è al suo posto di lavoro. Quando epslode l’autobomba morirà sul colpo.

Stefano Li Sacchi nasce il 2 giugno del 1923 a Geraci Siculo, un piccolo paese agricolo adagiato sulle pendici delle Madonie, in provincia di Palermo.

La sua è una famiglia umile, di gente onesta e grandi lavoratori. 

Quando è ancora giovane è costretto a interrompere gli studi per aiutare economicamente la sua famiglia: eppure questo non gli pesa. 

In quegli anni conosce una ragazza del posto, Nunziata, di cui si innamora. 

Tra i due giovani nasce così un amore vero e genuino che li porterà, presto, a convolare a nozze. 

Nel frattempo continua a lavorare duramente per non far mancare nulla alla sua giovane moglie fino a quando, nel 1951, insieme decidono di trasferirsi a Palermo per trovare un lavoro migliore e poter vivere più serenamente.

Stefano è un ragazzo volenteroso, serio e garbato e così trova facilmente un impiego come portiere in uno stabile: il condominio di via Pipitone Federico, lo stesso in cui vive il giudice Rocco Chinnici.

È sempre disponibile ma soprattutto di buon umore; non fa mai mancare un sorriso o una parola buona a nessuno. 

Egli ha sempre svolto il suo lavoro con passione, serietà e impegno. 

In poco tempo diventa un punto di riferimento per tutti i condomini, che nutrono nei suoi confronti simpatia e apprezzamento.

Il giudice Rocco Chinnici ha stretto un rapporto di stima e affetto con Stefano

I due, seppur diversi, condividono le origini umili e contadine e il profondo rispetto per l’altro.

Anche il mattino del 29 luglio del 1983 Stefano è al suo posto di lavoro, la portineria del condominio

Sono le 8 del mattino e, come ogni giorno, sotto casa di Rocco, in via Pipitone Federico, ad aspettarlo ci sono i ragazzi della sua scorta: il maresciallo Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta e l’autista Giovanni Paparcuri. 

Davanti a quel portone c‘è infatti una Fiat 126 verde, parcheggiata lì molto prima dell’arrivo della scorta, imbottita con ben 75 kg di esplosivo. 

Non appena il giudice arriva, saluta Stefano, come consuetudine. I due si scambiano due sorrisi, parlano degli impegni della giornata e, quando il giudice si accinge a varcare il portone, Stefano, come sempre, lo segue per accompagnarlo. Sembra tutto normale, come ogni mattina ma non sanno che in quel preciso istante, qualcuno azionerà quell’ordine che spazzerà via in un attimo quattro vite. Moriranno infatti sul colpo Stefano, Rocco, Mario e Salvatore.

L’unico a salvarsi sarà, miracolosamente, Giovanni, che era al suo posto, alla guida di quell’auto che avrebbe dovuto accompagnare il giudice a lavoro. Quell’autobomba sarà solo la prima delle tante (autobombe) che verranno (tristemente) utilizzate nelle stragi degli anni ‘90 a Palermo, segnando così (l’ulteriore e)il drammatico inasprirsi della strategia mafiosa ai danni di magistrati, forze dell’ordine, imprenditori e cittadini comuni.

Filmografia

Diario civile-raiplay video: Rocco Chnnici – Palermo come Beirut