Umberto Mormile

Era educatore al carcere di Opera. Aveva visto cose che non avrebbe dovuto vedere. L’11 aprile 1990 Mormile venne assassinato in un agguato lungo la provinciale Binasco-Melegano, nei pressi di Carpiano, mentre andava a lavoro.

Educatore del carcere milanese di Opera,  decise di interrompere gli studi in Giurisprudenza e diventare poliziotto penitenziario nel Carcere di Civitavecchia. Dopo due anni divenne educatore carcerario, uno dei primi dopo la riforma dell’ordinamento penitenziario del 1975 con la legge 354/1975.

Mormile si distinse subito per un approccio innovativo al tema della rieducazione del condannato, traducendo l’applicazione della riforma carceraria in progetti culturali ed educativi di uno spessore tale da essere esportati in altre carceri come “buone prassi”, tanto che si cominciò a parlare di metodo Mormile.

Nel 1987 Mormile accettò il trasferimento da Parma al nuovo carcere di Opera, dove lavorò fino al giorno del suo omicidio. Lì, come hanno confermato diversi collaboratori di giustizia negli ultimi anni, venne a conoscenza degli incontri non autorizzati tra uomini dei servizi segreti e boss della ‘ndrangheta, reclusi nel carcere di massima sicurezza, in particolare Domenico Papalia.

L’11 aprile 1990 Mormile venne assassinato in un agguato lungo la provinciale Binasco-Melegano, nei pressi di Carpiano, mentre andava a lavoro. Due uomini su una Honda 600 che affiancò la sua Alfa Romeo 33 spararono sei colpi di 38 special. I due colpi dietro l’orecchio sinistro, a mezzo centimetro l’uno dall’altro messi in evidenza dall’autopsia eseguita il giorno dopo, furono da subito la conferma che si trattava di killer professionisti. L’omicidio venne rivendicato all’ANSA di Bologna dalla fantomatica organizzazione Falange Armata.

Per il delitto Mormile sono stati condannati i due esecutori materiali, i killer-pentiti Antonio Schettini e Nino Cuzzola, e il boss Antonio Papalia. Per i giudici Papalia è il mandante dell’esecuzione mentre Cuzzola guidava la moto Honda 600 con la quale venne affiancata l’Alfa 33 dell’educatore carcerario mentre Schettini, killer di lungo corso della mafia milanese, sparò i colpi con una pistola. 

Mormile era un fedele servitore dello stato. Molti collaboratori di giustizia, riferiscono che Mormile sarebbe stato  ucciso per aver scoperto i rapporti tra i fratelli Papalia con i servizi segreti, avendo notato i loro frequenti incontri in carcere non registrati e i relativi benefici che la ‘ndrangheta e non solo ne stava ricavando. Infatti,quando Mormile rifiutò a Domenico Papalia il favore di una relazione addomesticata, questo chiese al fratello Antonio di avvicinarlo fuori dal carcere, proponendogli una tangente da 20 milioni. Lui rifiutò nuovamente, facendo l’allusione che secondo Foschini gli costò la vita: “Io non sono dei servizi“.

Fu a quel punto che Antonio Papalia diede l’ordine di ucciderlo.

Nel mese di marzo 2022, sono state riaperte le indagini sulla “Falange Armata”, che aveva immediatamente rivendicato l’omicidio. Dopo l’opposizione alla richiesta di archiviazione della procura avanzata dal fratello della vittima, Stefano Mormile,Il giudice ha respinto dunque la richiesta di archiviazione della Dda di Milano disponendo l’iscrizione sul registro degli indagati di due collaboratori di giustizia, Salvatore Pace e Vittorio Foschini.